Quasi ogni uomo al mondo ne possiede almeno una. Si potrebbe definire uno degli articoli di abbigliamento più diffusi in assoluto nella storia dell’umanità.
La camicia ha origini lontanissime nella storia. Appare già nell’epoca del tardo dominio romano; aveva, però, caratteristiche dissimili da oggi. Difatti, si mostrava lunga, fatta di lino o di bisso e nascosta da una tunica. Veniva, quindi, utilizzata come indumento intimo.
Spesso era di semplice realizzazione poiché costituita da due stoffe rettangolari che venivano cucite sui fianchi e sulle spalle per essere indossate prive di maniche e colletto come sotto-tunica.
Furono i crociati, molti secoli dopo, ad importare dall’Oriente il “camis”, in uso presso i Persiani, a rappresentare quello che si dimostrerà esser stato lo spunto per una struttura definitiva della camicia. Anche le origine etimologiche del termine sono antiche: già alla fine dell’VIII secolo, nel testamento del Patriarca Fortunato di Grado che è stato lasciato ai suoi chierici, si parla di “camisas et bragas”.
Nel Medioevo era anche un dono e pegno d’amore. La camicia, rimase quasi del tutto invariata sino al XVI secolo quando si intravedeva solamente attraverso i tagli delle maniche della vesti. L’utilità erano molteplici: ad esempio, è curiosa l’usanza di indossare una camicia durante il bagno tra un uomo e una donna (è poco noto, ma fino al primo Rinascimento i sessi si lavavano e mangiavano assieme in una tinozza di legno).
L’utilizzo principale, in tal senso, era quello di separare il corpo nudo dagli indumenti di tessuto pesante in modo da formare una sorta di barriera per le epidermidi poco pulite.
Fu alla fine del Seicento che venne ornata di pizzi divenendo uno status symbol che segnava la divisione tra l’aristocrazia e la plebe. Quest’ultima, a sua volta, spesso la indossava come unico abito decisamente più semplice, chiaramente non ornato e meno elaborato.
Si registra, inoltre, la presenza della camicia da notte portata anche a quell’epoca, però, da pochi cultori.
La camicia assunse un ruolo sempre più importante e simbolico nell’abbigliamento maschile proprio nel periodo barocco, quando fu inventata la cravatta.
Inizialmente era una semplice striscia di lino bianco che girava attorno al collo e cadeva sul torace. I polsini si presentavano come mezze maniche di lino terminanti in un’esplosione di merletti. Fino al 1900, la camicia fu rigorosamente staccata dai polsini e dal colletto. Il colletto vero e proprio era corto e verticale (detta “pistagna” e noto oggi anche come “colletto alla coreana”), sufficiente per cucirvi sopra i bottoni.
I polsini, che come il colletto venivano inamidati, erano trattenuti da gemelli di diverso genere; ve ne sono tutt’ora alcuni di grande valore custoditi nel museo dei Tudor a Londra nella Tower of London.
Intorno alla fine del XIX secolo, nacquero le camicie colorate oltre che quelle di jeans. Queste ultime facevano inizialmente parte di una divisa da lavoro poiché il materiale utilizzato si mostrava più resistente e propenso a contenere nelle tasche gli arnesi del relativo mestiere senza bucarsi. Solo successivamente venne adottata dai giovani come segno di contestazione fino a divenire una vera e propria moda casual.
Negli anni ’10 e ’20, molto di moda era la camicia con il colletto fermato da due piccoli bottoni sul lato frontale, detta “button down”. Moda che attualmente è divenuta, ormai, un classico della costume moderno. La sua comodità si mostrava col fatto che le estremità del collo non si arricciavano, soprattutto con indossata una cravatta. In alternativa, lo stesso scopo veniva raggiunto tramite l’utilizzo di apposite stecche o “tendicollo”.
Da ultimo, è doveroso ricordare come nella storia la camicia sia stata anche un indicatore d’appartenenza a un’idea politica: si rammentano esempi quali le camicie rosse dei Garibaldini, quelle nere dei fascisti e le brune dei nazisti.