Tutto nasce in seguito al terribile evento terroristico avvenuto a Nizza il 14 luglio 2016 a cui è conseguito, poi, l’omicidio di un sacerdote nel territorio della Normandia. Da questi tragici momenti, il Sindaco di Villeneuve-Louvet ha deciso di imporre per primo il divieto di indossare il cosiddetto “ burkini ”.
Le reazioni degli attivisti non si sono fatte attendere basando le proprie rimostranze sul fatto che una simile presa di posizione da parte di un soggetto istituzionale francese potrebbe portare con se ulteriori timori verso i musulmani e andrebbe a limitare le libertà personali delle dirette interessate dal divieto.
Ulteriori opposizioni si sono mostrate in merito al fatto che una simile limitazione non portasse, in ogni caso, al garantire i diritti per le donne che avessero deciso di indossare un burkini. Si è arrivato a parlare di offesa alla libertà e umiliazione subìta da quella donna che è stata obbligata dalla polizia locale di Nizza a scoprirsi busto e braccia dall’indumento che stava portando.
Sulla scorta di quanto accaduto, l’Alta Corte della nazione transalpina si è espressa in merito sottolineando l’illegittimità dell’azione del sindaco di Villeneuve-Louvet nell’emissione del divieto poiché consisterebbe in una limitazione della libertà individuale della persona che si potrebbe mostrare giustificata soltanto nei casi in cui vi sia un “rischio dimostrabile” (con tutte le difficoltà annesse al provare tale rischio) all’ordine pubblico. Non avendo il sindaco dimostrato alcun rischio, le donne che hanno subìto una multa potrebbero richiedere la restituzione delle somme versate.
Tutto si basa su uno dei principi fondamentali della Francia; quello di laicità. Così come vengo vietati simboli religiosi in luoghi pubblici per rispetto delle varie confessioni riconosciute, così andrebbe rispettata la scelta di vestirsi come meglio si crede sempre mantenendo una condotta tale da non rappresentare una minaccia all’ordine pubblico.
Sulla scia di questa dichiarazione dell’Alta Corte francese, ci si aspetta che altre località (come Cannes dove si è registrato il primo divieto o come Nizza che ne ha seguito l’esempio) potrebbero vedersi costrette a tornare indietro sulle proprie decisioni in materia.